Gruppi di imprese e D.lgs. 231/2001: la Cassazione ribadisce il principio della "responsabilità singola"

19/05/2025

Nel contesto sempre più articolato dei gruppi di imprese e delle aggregazioni societarie, il tema dell’estensione della responsabilità amministrativa degli enti, disciplinata dal D.lgs. 231/2001, rappresenta da anni un nodo cruciale per l’interpretazione giurisprudenziale e per la pratica professionale.

Con la recente sentenza n. 14343 dell’11 aprile 2025, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su questo argomento, riaffermando un principio fondamentale: la responsabilità ex 231 è e resta “singola”, vale a dire imputabile esclusivamente alla società nel cui concreto interesse (o vantaggio) il reato presupposto sia stato effettivamente commesso.

La vicenda sottoposta all’attenzione della Suprema Corte riguardava una società partecipante a un’associazione temporanea di imprese (ATI), costituita per l’esecuzione di un appalto pubblico. Le imprese aderenti all’ATI avevano costituito, per la gestione operativa dell’appalto, una società consortile e nell’ambito di questa struttura, un dipendente – formalmente in distacco – era stato coinvolto nella commissione di un reato di truffa aggravata relativo alla fornitura di materiali non conformi.

Il reato, tuttavia, era stato contestato alla società che aveva disposto il distacco del dipendente. In primo grado e in appello, i giudici avevano ritenuto sussistente la responsabilità ex 231/2001 nei confronti della società distaccante sulla base del presupposto che il comportamento illecito del dipendente avesse avuto come finalità quella di procurare un vantaggio patrimoniale proprio a tale società.

La Corte di Cassazione ha, invece, annullato la sentenza di condanna sottolineando come non sia sufficiente affermare in modo astratto che il reato sia stato commesso “nell’interesse” della società coinvolta, né tantomeno presumere automaticamente un vantaggio economico derivante dalla condotta illecita.

Il principio affermato è chiaro: l’interesse o vantaggio dell’ente devono essere oggetto di una valutazione concreta, basata su elementi fattuali specifici. Non è sufficiente che l’autore del reato sia un dipendente in distacco né che quest’ultimo operi nell’ambito di un gruppo o di un’ATI: la responsabilità non può estendersi automaticamente alle società collegate, né può fondarsi su un'interpretazione automatica dei legami societari. Serve, al contrario, una prova rigorosa del nesso tra il reato e un interesse o vantaggio specifico conseguito dalla società cui si imputa la responsabilità.

Vale la pena ricordare che il D.lgs. 231/2001 non disciplina espressamente i gruppi di imprese. Il gruppo, in quanto tale, non è un soggetto dotato di personalità giuridica e non può quindi essere autonomamente responsabile. Anche il Codice civile, pur contemplando situazioni di controllo, collegamento e direzione e coordinamento (artt. 2359 e 2497 ss. c.c.), non offre una disciplina generale e organica della responsabilità solidale tra società appartenenti a un gruppo. La giurisprudenza ha quindi adottato un orientamento costante: l’appartenenza a un gruppo di imprese non può in alcun modo generare una presunzione di responsabilità collettiva; ciascuna società risponde per sé e solo se ricorrono i presupposti previsti dal decreto, ossia la commissione di un reato presupposto da parte di un soggetto in posizione apicale o subordinata (art. 5 D.lgs. 231/2001) e la sussistenza di un interesse o vantaggio per l’ente.

La sentenza in commento si inserisce nel solco di precedenti consolidati (tra cui Cass., Sez. II, 9 dicembre 2016, n. 52316), i quali richiedono un accertamento puntuale e rigoroso dell’“interesse” o del “vantaggio” conseguito dall’ente; né l’uno né l’altro possono mai essere desunti in via automatica dalla mera struttura organizzativa del gruppo. La responsabilità non può estendersi sulla base di collegamenti societari o assetti consortili, ma deve essere fondata su un rigoroso accertamento dei fatti e su criteri oggettivi di imputazione.

Per le imprese e per i professionisti della compliance, questa sentenza rappresenta un importante monito. In contesti di gruppi societari, ATI o joint venture, occorre prestare la massima attenzione nel disegnare:

  • le deleghe di potere e i flussi di responsabilità;
  • i contratti di distacco e le linee di controllo gerarchico;
  • i modelli organizzativi ex 231/2001, con particolare riferimento alle attività svolte in forma consortile o aggregata.

In altre parole, la responsabilità dell’ente può essere evitata solo laddove si dimostri l’adozione e l’effettiva attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire i reati, e quando sia evidente che l’ente non ha tratto alcun interesse o vantaggio concreto dall’illecito.

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